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Sapevo che a Bruxelles vivono tanti di quei “marziani” che popolano le stanze delle istituzioni europee, ma non pensavo che ascoltare alcuni di loro potesse essere tanto entusiasmante. E’ quello che mi è capitato partecipando alla terza assemblea generale di RENA. Un incontro con Martin Westlake, Segretario Generale del Comitato Economico e Sociale Europeo, e con alcuni giovani marziani, pardòn, funzionari delle istituzioni europee, ha rappresentato la nota allegra e colorata di un altrimenti grigio week-end nella sonnacchiosa” Brà-ssel”, come la chiamano i tanti marziani che la abitano.[//]
Il tema della keynote lecture di Martin Westlake prometteva già molto bene: “Fleshing out the concept of participatory democracy”. In altri termini, lo scopo di Westlake era quello di dare corpo e sostanza a un concetto oggi molto usato e abusato nei circoli accademici. E lo ha fatto partendo dalla analisi di quanta strada ha fatto questo concetto nell’ordinamento comunitario. Quando a livello europeo ci si è accorti che il link elettorale non funzionava e che la democrazia rappresentativa stava entrando in crisi tanto a livello europeo, quanto all’interno dei singoli Stati membri, si è capito che occorreva fare leva sul fenomeno della esplosione di quella che i francesi chiamano “la vie associative”.
Un percorso accidentato tra Libri colorati e un Trattato portoghese
E’ così che agli inizi di questo decennio, in corrispondenza con l’inizio del declino della democrazia parlamentare, si fa strada tra i “marziani” di Brà-ssel l’idea di ripensare la governance dell’Unione. Il processo viene avviato con il Libro Bianco sulla governance del 2001. L’idea di base che anima quel documento è quella di aprire il processo decisionale europeo al dialogo con i cittadini europei e le organizzazioni di essi rappresentative. Questa apertura avrebbe dovuto fare leva su una maggiore partecipazione della società civile, la valorizzazione del Comitato delle Regioni e del Comitato Economico e Sociale e il rafforzamento della cultura del dialogo.
Il successivo rapporto sulla governance del 2003 ha confermato l’impostazione del 2001 e posto l’accento su informazione e comunicazione ma, soprattutto, sul contatto diretto con in cittadini attraverso gli strumenti di democrazia regionale e locale, nonchè il coinvolgimento della società civile e in particolare delle diverse reti sociali.
Il Trattato di Lisbona del 2007 nella sua versione finale introduce nel Trattato sull’Unione europea il titolo II interamente dedicato ai “principi democratici”, ma non fa più menzione della democrazia partecipativa come originariamente previsto. In particolare, l’art. 8B riconosce ai cittadini e alle loro associazioni il diritto di far sentire la propria voce nell’azione dell’Unione, e attribuisce loro un potere di iniziativa. L’art. 8C, poi, richiede ai parlamenti nazionali di contribuire alla democratizzazione dell’Unione, specialmente vigilando sull’applicazione del principio di sussidiarietà. Ma anche se la democrazia partecipativa non è più menzionata, una particolare variante di essa, cioè la democrazia associativa, può trovare un sicuro fondamento costituzionale nella parte in cui l’art. 8B esorta le istituzioni europee a instaurare un “dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile”.
Per una compound democracy
La democrazia partecipativa, secondo Westlake, è comunque e oramai entrato a far parte del DNA delle istituzioni comunitarie a prescindere da qualunque riconoscimento costituzionale. Diverse sono le iniziative che vanno in questa direzione (es. EP-Agora, le citizens commissions, i CSO e gli stessi COR e EESC). E le stesse istituzioni comunitarie si stanno impegnando per rendere il dialogo circolare e continuo. Rispetto al passato non si limitano a scendere da Marte-Brà-ssel sulla Terra di tanto in tanto, ma lasciano aperti i canali di comunicazione attivati con la consultazione della società civile nei Paesi membri.
Per cui, a detta di Westlake, le previsioni del Trattato di Lisbona e dei Trattati da esso modificati sono sì necessarie ma non sufficienti. Quello che serve è tenere viva la prassi comunitaria della democrazia partecipativa. Perchè a suo giudizio occorre aggiornare e completare il concetto tradizionale di democrazia. Democrazia diretta e democrazia rappresentativa non sono più in grado di esaurire le potenzialità del principio democratico. Esse devono essere completate con la democrazia partecipativa per dare vita a quella che lo stesso Westlake definisce una “compound democracy”. Per dirla con Cotturri siamo di fronte a una “democrazia mista“.
La società civile come canale diplomatico
E l’importanza assunta dalla democrazia partecipativa e dal ruolo attivo della società civile è dimostrata dalla strategia diplomatica che le istituzioni europee hanno recentemente messo in campo per by-passare le istituzioni politiche e il processo politico in Paesi i cui governi hanno dimostrato di fare cattivo uso delle risorse messe a disposzione dall’Europa. La strada del dialogo diretto con la società civile garantisce che le risorse arrivino alla destinazione giusta, e cioè alle persone e ai cittadini per i cui bisogni l’Europa si mobilita. La democrazia partecipativa come strumento di soft diplomacy rappresenta la maggiore prova della opportunità di continuare a investire sul suo sviluppo e rafforzamento.
Telecronaca di un SI…
La lecture di Westlake è stata resa ancora più speciale e, sopratutto, piena di pathos dalle notizie che arrivavano da Dublino. Un funzionario del CESE ha costantemente aggiornato Westlake sull’andamento degli exit polls tramite sms. Ad ogni vibrazione del telefono la suspense cresceva. Il pensiero di quello che stava accadendo a Dublino ci ha tenuti col fiato sospeso per tutto il corso della lecture. Ma alla fine è arrivata la tanto sospirata conferma che gli irlandesi, anche quelli dei distretti tradizionalmente più scettici nei confronti dell’Europa, avevano votato nettamente a favore della ratifica del Trattato di Lisbona. Una notizia spaziale per chiudere in bellezza un sabato da marziano con Martin Westlake da Brà-ssel.
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Labsus