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Negli ultimi anni le grandi e medie città italiane hanno sperimentato una vera e propria crisi dell’edilizia popolare. Mentre gli alloggi pubblici vengono tendenzialmente destinati a categorie di persone a forte rischio di esclusione (invalidi, immigrati, disabili psichici, anziani soli) l’analisi della domanda di alloggi popolari mette in luce la crescita delle richieste provenienti da famiglie non classificabili come “a rischio” ma che hanno come problema unico o prevalente quello del reddito. [//]
Tuttavia, a questo boom di richieste – spesso legato all’incontrollabile aumento degli affitti – non sta corrispondendo un pari aumento degli alloggi a basso costo, in un contesto dove l’intervento pubblico si limita ad offrire alloggi – con risorse sempre più scarse – ma si cura poco di contribuire a risolvere i problemi generati dalla condizione di marginalità dei soggetti bisognosi.
Eppure, influendo sulla vitalità dei luoghi, sul traffico, sui servizi, sulla sicurezza, il bisogno abitativo ha un forte impatto sociale, con riflessi sulla convivenza nelle comunità e sul loro equilibrio. Ragionare sulla questione ‘casa’, significa dunque occuparsi della vivibilità di un territorio e della qualità della vita di una comunità. Al proposito, l’Housing Sociale (edilizia sociale) propone soluzioni che tengono conto delle molteplici sfaccettature del problema, offrendo una risposta originale alla nuova povertà italiana: un fenomeno che riguarda quella parte dei nostri concittadini che non è abbastanza povera per ottenere un aiuto pubblico per l’alloggio, ma che al tempo stesso non ha le possibilità finanziarie per affrontare i canoni del mercato.
Non si tratta solo di stranieri. I nuovi poveri in Italia sono principalmente italiani: famiglie monoreddito, spesso con figli, ma anche madri con minori a carico e donne sole in difficoltà per la perdita della casa/lavoro. Se ne parla molto, ma non si può dire che esista un vero e proprio settore: l’housing sociale è ancora un insieme eterogeneo di esperienze, a cavallo tra intervento pubblico e spontaneismo ‘sociale’, con riferimenti e strumenti ancora tutti da costruire. Almeno in Italia.
E’ in questo contesto che si inserisce l’iniziativa di Housing Sociale dell’Immobiliare Sociale Bresciana (ISB), un consorzio di cooperative sociali creato nel 2002 al fine di realizzare operazioni immobiliari socialmente rilevanti. Nel 2008 la ISB ha ristrutturato un immobile a Brescia – in un quartiere centrale ma degradato – dotato di 16 appartamenti, 5 loft e un poliambulatorio per servizi odontoiatrico e psicoterapeutico a prezzi agevolati, gestito da una cooperativa sociale.
L’immobile è affittato a basso costo – dai 200 ai 400 € al mese – a persone che si trovano in un periodo di particolare bisogno. L’impegno della ISB non si limita alla costruzione dell’alloggio: lo scopo di lungo periodo è quello di accompagnare le persone verso l’autosufficienza, per reinserirle nel mondo del lavoro e nella comunità. A tal fine è stato creato un Comitato Sociale, che ha la funzione di selezionare le domande che arrivano all’immobiliare, valutare le necessità e stabilire le priorità nell’assegnazione degli alloggi. L’affitto è comunque inteso come una soluzione provvisoria, volta ad evitare che il disagio economico si trasformi in una situazione di irreversibile patologia.
Il Comitato vigila dunque sulla sostenibilità complessiva di ciascuna situazione familiare, aiutando chi non ha reddito a trovare un lavoro, in modo da garantire il pagamento dell’affitto e permettere a qualcun altro di beneficiarne in futuro. Basso costo non è comunque sinonimo di scarsa qualità. Gli appartamenti sono accoglienti, progettati con disegni originali e buoni materiali, dotati di pannelli fotovoltaici per garantire parziale autosufficienza energetica alla struttura, nell’ottica di offrire una sistemazione dignitosa anche a chi, con i prezzi medi degli affitti cittadini, ne sarebbe escluso. Elemento di ulteriore originalità dell’iniziativa risiede nella modalità con cui è stata finanziata: la ristrutturazione è stata sostenuta anche grazie all’intervento di finanza etica promosso da una banca di credito cooperativo, che ha raccolto 500.000€ da cittadini “responsabili” sotto forma di certificati di deposito a basso tasso di remunerazione.
La raccolta dedicata ha permesso alla banca di rinunciare al proprio guadagno e offrire all’ISB tassi agevolati rispetto a quelli di mercato, abbattendo il costo dell’investimento e quindi il costo dell’affitto per il consumatore finale. Quali sono i risultati più significativi ottenuti?
• Ristrutturazione di 14 appartamenti di qualità, a basso impatto ambientale, che ospitano 35 persone per un lasso di tempo che consenta di superare la fase di criticità. L’obiettivo della ISB per il 2009 è di arrivare a 100 alloggi in Housing sociale, secondo un piano regolatore coordinato con il comune di Brescia;
• Offrendo servizi aggiuntivi a basso costo (dal dentista allo psicoterapeuta) all’interno della struttura e accompagnando le persone in difficoltà nel reinserimento nel mondo del lavoro, l’ISB contribuisce a ricostruire il tessuto sociale territoriale, con un importante contributo alla coesione sociale, alla sicurezza e alla vitalità della città;
• L’elemento della finanza etica, anello a monte dell’iniziativa, ha permesso ai cittadini di diventare i protagonisti dello sviluppo della propria comunità, mobilizzando i propri risparmi a finanziamento del progetto. Inotre, si è stimolato l’agire congiunto di più attori locali: banche, imprese, associazioni e pubblica amministrazione, che hanno risposto insieme ai problemi del territorio con soluzioni innovative non speculative. Esempio concreto di assoluto rilievo nel panorama di crisi finanziaria attuale. Replicabile in qualsiasi altro contesto, la formula dell’Housing Sociale è già molto diffusa in altri paesi europei (Paesi Bassi, Gran Bretagna, Svezia e Francia) e solo recentemente ha trovato nel Nord Italia un terreno sensibile per iniziare ad operare.
Attualmente, esistono sia il bisogno che le condizioni per replicarlo ovunque in Italia, anche come risposta concreta alla crisi del settore immobiliare. A patto però di saper coniugare efficacemente i due ingredienti che ne determinano il successo: la volontà politica delle amministrazioni publiche e la disponibilità collettiva dei cittadini. Del resto le opportunità sono molteplici: da una pianificazione più sostenibile dei centri urbani al rafforzamento del tessuto sociale, con un’ottimizzazione delle risorse pubbliche resa possibile grazie al coinvolgimento dell’imprenditorialità privata.
Nel caso del progetto portato ad esempio c’è un suggerimento in più da non sottovalutare: la scelta del quartiere di intervento ha un obiettivo preciso, che è quello di restituire il centro storico alla gente comune, quella gente che la speculazione edilizia e gli alti costi degli affitti ha nel tempo allontanato verso le periferie delle grandi città. I cittadini che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, ma che, a fronte di un affitto onesto, possono tornare a ripopolare il cuore dei centri urbani, restituendogli forza e vitalità.