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Ripensare l’esistente significa molto più di azzerarlo: vuol dire analizzare dati, riconoscere le narrative in cui siamo immersi, avere la lucidità per distinguere ciò che funziona da ciò che invece non va. E trovare il coraggio per esplorare strade nuove.

Con questa prospettiva i relatori della seconda giornata della Summer School RENA hanno proposto una riflessione su lavoro ed Europa – due temi di inevitabile complessità, ed eppure inevitabili risorse per le generazioni future.

Al mattino, i partecipanti hanno potuto analizzare sfide e opportunità del futuro del mondo del lavoro. Antonio Casilli (Télécom ParisTech) ha avviato la riflessione esplorando il tanto citato tabu: i robot ci toglieranno i posti di lavoro? A seguire, Andrea Garnero (OCSE) ha inquadrato i trend del futuro del lavoro, ripercorrendo casi sperimentali che consentono di guardare oltre. Ha concluso la mattinata Francesco Armillei (Tortuga) che ha messo al centro il tema dei Centri per l‘impiego.

Nel pomeriggio, il futuro dell’Europa è stato al centro del dibattito – in particolare attraverso l’analisi delle sfide poste alle istituzioni da migrazione e formazione. Alessandro Fusacchia (Parlamentare) ha aperto i lavori con una riflessione sulle ragioni dello stallo dell’Europa, e su come ripartire. A seguire, Elly Schlein (Europarlamentare) ha poi messo al centro della discussione il tema della riforma di Dublino, ritardata risposta unitaria rispetto al diritto di asilo. La riflessione è stata proseguita da Chiara Favilli (Università degli Studi di Firenze) che ha portato i partecipanti a riflettere sulle ragioni giuridiche che hanno, finora, portato a uno stallo nella mancata prosecuzione della riforma. Cesare Onestini (European Training Foundation) ha spostato il focus dall’Europa vista dagli europei all’Europa vista dai paesi limitrofi, raccontando come attraverso politiche di formazione come strumenti di politica l’Unione europea abbia valore e sia fonte di ispirazione. A chiudere il pomeriggio, Andrea Zorzetto e Tommaso Alberini (Poliferie), Patrizia Luongo (Forum Disuguaglianze Diversità) hanno presentato limiti e prospettive del futuro dell’istruzione europea, tra diseguaglianze e digitalizzazione.

In una suggestiva chiacchierata serale nell’antico monastero delle Monacelle, Alberto Alemanno (HEC Paris) ha parlato di come, per reinventare l’Europa, sia necessario – e possibile – un intervento attivo della cittadinanza.

Prima parte: Reinventare il lavoro

Primo panel: Waiting for robot, Antonio Casilli (Telecom ParisTech)
La presentazione di Antonio Casilli ci accompagna nel difficile percorso di separazione tra retorica e realtà quando si discute di intelligenza artificiale.
L’AI si propone come sostitutiva dell’intelligenza umana anche se spesso tende ad assomigliare molto ad un semplice assistente umano ma digitalizzato.
Per dirla con le parole di Casilli: “human digital labor is the secret ingredient of what passes for AI today“.
Ed è così che quel che viene presentato come avanzato processo di intelligenza artificiale è spesso un susseguirsi di micro task che vengono svolti da lavoratori poco specializzati e delocalizzati in Paesi emergenti con paghe irrisorie.
Sono questi i lati nascosti dell’intelligenza artificiale, concetto dietro al quale nella narrazione di Casilli si nascondono molte insidie e il rischio che a crescere siano i “micro lavori” nemici della qualità e del senso stesso del lavoro.

Secondo panel: Quanto vale il lavoro?, Andrea Garnero (OCSE)

Garnero ci accompagna alla scoperta della grande trasformazione che stiamo attraversando, la quale è dovuta più che alla scomparsa del lavoro (spauracchio che ciclicamente viene riproposto dai media) alle nuove tecnologie alla digitalizzazione, alla globalizzazione 2.0, ai cambiamenti climatici e all’invecchiamento della popolazione.

La grande domanda del futuro quindi diventa “Quali lavori esisteranno in futuro? Come, dove e da chi saranno svolti?”

L’economista dell’OCSE ci dimostra come più che scomparire il lavoro si trasforma: nascono nuovi lavori o i lavori storici (giornalisti, impiegati di banca) si trasformano in modo radicale.

Questi cambiamenti pongono grandi sfide ed è necessario tornare a dare “valore al lavoro” reinventando la formazione e le politiche attive, le forme di protezione sociale e di dialogo sociale, e le modalità di regolazione.

Discussion: I Centri per l’Impiego in Italia: un tassello importante, Francesco Armillei (Tortuga)

Tortuga è un think tank italiano di studenti di economia e giovani professionisti che elaborare ricerche e pubblica articoli su temi di economia e politica.

Francesco Armillei ha contribuito alla discussione sul lavoro discutendo e riflettendo insieme agli studenti sul sistema dei “Centri per l’impiego” in Italia.

Si parte dal chiaro assunto che il mercato del lavoro sta cambiando e governare le transizioni diventa fondamentale.

L’Italia in particolare potrebbe prendere spunto dal modello tedesco, una rete che connette scuole, datori di lavoro e centri per la formazione, creando Agenzie Regionali per il Lavoro e usando modelli statistici di profilazione oltreché investire in comunicazione per esempio nelle scuole.

Queste le soluzioni proposte e discusse per risanare una struttura amministrativa come i centri per l’impiego che nel mondo del lavoro che cambia hanno l’urgente necessità di essere ristrutturate restando un pilastro fondamentale per aumentare le possibilità di occupabilità di tutta la popolazione.

Seconda parte: L’Europa dell’innovazione istituzionale, migrazioni e attivismo locale (Editor: Daria)

Opening: L’Europa in stallo e da dove ripartire, Alessandro Fusacchia (Parlamentare)

Fusacchia apre alla discussione con un assunto: se dal 1992 al 2004 l’Unione europea è stata in ascesa (a partire dal Trattato di Maastricht, fino ai sogni di una Costituzione europea), dal 2005 al 2016 ha vissuto un periodo di declino (manifestatosi, tra le altre cose, con la rinuncia a Schengen da parte di alcuni paesi, e con la recente Brexit), fino allo stallo contemporaneo.

Partendo dagli obiettivi dell’integrazione europea – pace e sicurezza; prosperità economica; solidarietà; libertà – Fusacchia esplora l’evoluzione del significato nel corso degli anni. E una è la differenza fondamentale: “se fino agli anni 90 dovevamo fare cose solo tra Europei, nel corso degli ultimi 25 anni ci siamo scoperti incapaci di spostare lo sguardo da dentro a fuori”.

Fusacchia conclude proponendo una strada per affrontare le sfide contemporanee, e dare all’Unione europea un nuovo slancio: discontinuità delle proposte, con proposte di visualizzazione più ampie; discontinuità di metodo, attraverso azioni di prossimità e autenticità; e soprattutto una leadership che sia in grado di proporre una nuova visione.

Primo panel: Quanto è lontano il mediterraneo da Bruxelles? Elly Schlein (Europarlamentare)

Schlein propone una riflessione sulla mancata riforma di Dublino, il Regolamento che stabilisce, per ogni richiesta di asilo, qual è lo stato membro responsabile di quella richiesta. Il regolamento, sottolinea Schlein, “si basa da 20 anni su un criterio ipocrita: quello del primo paese di accesso irregolare”.

La risposta ai problemi migratori deve travalicare i confini nazionali, eppure l’Europa non ha ancora elaborato una risposta comune. “L’unica cosa che siamo riusciti a mettere insieme, purtroppo, è un grande cimitero a cielo aperto: 35,000 morti negli ultimi 15 anni”.

Schlein conclude evidenziando tre risposte necessarie. La prima, di breve periodo, è l’urgenza di una risposta umanitaria europea più forte sulle rotte, la cui tutela non può essere delegata alle ONG. La seconda, di medio periodo, consiste nell’aprire vie legali, alternative, sicure per l’accesso; ribaltare la logica della vecchia Dublino. L’ultima, di lungo periodo, è affrontare le cause profonde alla radice dei fenomeni migratori (conflitti; cambiamenti climatici; disuguaglianze sociali), dando strumenti di sostegno alla rinascita dei paesi.

Secondo panel:

L’Europa dai capitali al capitale umano: lavoro, migrazioni, politiche sociali, Chiara Favilli (Università degli Studi di Firenze)

Favilli apre la discussione con un inquadramento giuridico: l’Unione europea è un’organizzazione internazionale, e come tale gestisce competenze che le sono attribuite in trattati internazionali.

Proseguendo la riflessione sulla mancata riforma di Dublino, Favilli ricorda come esistano, in Europa, degli embrioni di risposta ai problemi migratori, come le Comunicazioni del 2000 su politica migrazione e asilo. Tuttavia, sottolinea, quello che ha impedito lo sviluppo di queste politiche è stato l’11 settembre 2001. “Le politiche di asilo hanno abdicato alle politiche di sicurezza, per le quali sono percepite come dei pericoli: è stata insabbiata una proposta della Commissione europea che avrebbe consentito di regolare la questione dell’ingresso per cercare lavoro”.

Favilli conclude aprendo alla discussione sui limiti strutturali dell’Unione europea, che non possono essere sottovalutati.

Relazioni esterne per un’Europa nuova: investimenti in formazione e politiche del lavoro, Cesare Onestini (European Training Foundation)

Onestini apre la discussione suggerendo di guardare all’Europa attraverso gli occhi di chi abita nei paesi limitrofi all’Unione europea. Presentando le attività dell’Agenzia europea che dirige, ETF – che si occupa di sostenere i paesi del vicinato a sviluppare sistemi di istruzione e accesso al mercato del lavoro, in linea con la politica estera della UE – Onestini ricorda come quello che noi percepiamo come un problema migratorio, per molti paesi di origine è percepito come un brain drain.

Ricordando la volontà politica che è alla base dell’operato europeo, Onestini ricorda che “negli anni 90 l’Unione ha deciso che, in politica estera, non bisognava solo lavorare solo su politiche economiche, ma anche su sistemi di formazione e lavoro”. Questa attività ha portato risultati, anche reputazionali: i paesi terzi vedono ancora l’Europa come un modello da cui attingere idee, modelli positivi.

Onestini conclude sottolineando che la capacità dei paesi di creare formazione di qualità e opportunità di lavoro dipende dalla capacità di creare una governance che funzioni tra industria, sindacati, governi, realtà locali. E conclude sottolineando un punto che va al cuore della riflessione della Summer School: “le istituzioni sono facili da annullare, ma molto più difficili da ricostruire.

Terzo panel: Il futuro dell’istruzione europea tra diseguglianze e digitalizzazione, Andrea Zorzetto e Tommaso Alberini (Poliferie), Patrizia Luongo (Forum Disuguaglianze Diversità)

Zorzetto, Alberini e Luongo propongo una riflessione sul tema delle diseguaglianze nella formazione europea. Partendo dalla spiegazione di cosa sono le diseguaglianze digitali, e perché dovrebbero preoccuparci, ricordano che ci dimentichiamo troppo spesso di mettere a fuoco le diseguaglianze geografiche.

Ricordando come politica e istituzioni spesso non vadano di pari passo con le necessità di formazione, presentano dati che dimostrano le nuove necessità per formare gli studenti di domani.

Tra le ineguaglianze, concludono rimettendo al centro anche le divergenze nell’accesso alla formazione internazionale: “è un dato di fatto”, spiegano, “che i soggiorni all’estero siano più forti nei licei, meno in scuole tecniche”.

Closure: Reshaping european democracy, Alberto Alemanno (HEC Paris)

Dopo aver parlato di lavoro, migrazioni ed Europa la serata continua con l’ospite Alberto Alemanno. Nella suggestiva cornice del cortile delle Monacelle, Alemanno ci racconta la sua visione di attivismo civico anche definito “the good lobby” e del ruolo dei cittadini che possono essere ancora protagonisti in democrazia rappresentativa.

L’arte del cittadino che si ingaggia, partecipa, si rende protagonista delle lotte più svariate e si interessa della cosa pubblica facendo lobbying sulle sfide che ritiene importanti risulta molto più complessa di quanto potrebbe apparire. Non si tratta più di democrazia diretta (referendum) ma di una nuova forma più evoluta e complessa di democrazia partecipativa complementare a quella rappresentativa.

Il cittadino lobbista ha un vero e proprio decalogo e una roadmap chiara di cui fanno parte la decisione sulla propria battaglia, la mappatura dell’ecosistema, la raccogliere fondi se necessario e una strategia chiara e precisa per la comunicazione per farsi sentire e arrivare ai decisori politici.