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Testimonianza di arenauta per stimolare il dibattito. I commenti sono benvenuti.
Approfitto dello scandalo di turno per raccontare la mia storia. Non voglio schierarmi a favore o contro o fare politica, ma solo raccontarvi un esempio positivo, se avrete la pazienza di leggermi. I fatti di cui vi parlo si sono svolti circa sei anni fa.
A 26 anni avevo già in tasca una laurea e 2 master, uno in sviluppo internazionale e uno in comunicazione e marketing. Nonostante ciò e nonostante la crisi economica non fosse ancora arrivata, non speravo certo di trovare un contratto a tempo indeterminato (o anche determinato!) sotto l’albero di Natale. Quante candidature avevo già inviato! Per farla breve, invece di fare la “choosy”, o la schizzinosa che dir si voglia, e principalmente per sbarcare il lunario, ho messo degli annunci per fare la babysitter davanti a varie scuole del mio quartiere. Con una laurea e due master? Sì, perché no?!
Fortuna volle che mi chiamasse una signora gentilissima, con due bimbi molto carini (ma non sempre angelici…) di cui ho cominciato ad occuparmi nei pomeriggi, dopo la scuola, continuando a mandare CV nel resto del tempo, indirizzandoli ad agenzie di comunicazione, di sviluppo sostenibile, di relazioni pubbliche, di gestione di crisi, di fundraising… forse avrei voluto lavorare per una ONG, forse per un’organizzazione internazionale… Insomma, fare la babysitter non era il lavoro dei miei sogni, ma l’ho fatto con molto entusiasmo e serietà, al punto che la signora mi ha fatto “pubblicità” presso amici e parenti.
Ho avuto così occasione di fare la babysitter per qualche altra famiglia, tra cui una in cui i bambini erano tre. Un sabato sera, al ritorno dei genitori, il padre (che non avevo mai visto prima) mi chiede cosa faccio nella vita oltre alla babysitter, dato che la moglie gli aveva accennato che qualche titolo di studio in tasca ce l’avevo. Ho risposto che cercavo lavoro. Il signore mi ha allora proposto di dare un’occhiata al mio CV perché “da loro” (da chi? l’avrei scoperto presto…) cercavano gente in gamba che parlasse italiano (ebbene si, mi avete scoperto, vivo all’estero, ma ci tengo a precisare che ci sono rimasta in seguito ad un Erasmus e non sono in fuga da niente…).
Il sabato seguente ho lasciato senza troppe speranze una copia del mio CV sopra il tavolo della cucina, non avendo idea di cosa facesse di lavoro il papà dei tre pargoli che mettevo a nanna mentre i genitori andavano a teatro o al cinema. La settimana dopo ho avuto un colloquio con la direzione commerciale del Cash Management di un noto gruppo bancario presente in 80 paesi. Evito di riportare il titolo ufficiale del mio primo incarico di lavoro, che sembrerebbe ridicolo e pretenzioso, visto che in pratica ero una specie di “super assistente tuttofare” per la direzione commerciale internazionale del Cash Management: avevano bisogno di qualcuno che, in poche parole, parlasse bene l’italiano, l’inglese e il francese, scrivesse dei rapporti e aggiornasse dei fogli Excel con criterio.
I primi sei mesi sono stato tutt’altro che divertenti, mi sono chiesta molte volte che ci facevo io in una banca, in un settore di cui la sera prima ignoravo l’esistenza… a fare cose il cui senso mi sfuggiva ampiamente… ma con umiltà e tanta voglia di fare mi sono fatta conoscere, ho imparato tanto e rapidamente ho avuto mansioni sempre più interessanti e sempre più vicine alle mie aspirazioni. E ho conosciuto molte persone a cui è successa la stessa cosa.
Due anni fa, grazie alla mobilità interna, sono diventata responsabile comunicazione Corporate Banking per i paesi al di fuori della zona Euro. Mi occupo un po’ di organizzare eventi, un po’ di comunicazione interna, un po’ di paesi emergenti, un po’ di community management, un po’ responsabilità sociale dell’impresa e di sviluppo sostenibile, un po’ di gestione di crisi, un po’ di marketing, un po’ di strategia, un po’ di relazioni internazionali…insomma, adesso ho il lavoro che volevo! E che di certo non avrebbero affidato ad un “esterno”, a qualcuno che non conoscesse l’impresa.
E adesso capisco tutto. Capisco perché sia valsa la pena di non essere schizzinosa e di accettare di fare la babysitter prima e la tuttofare poi. Capisco perché un ministro, o più semplicemente un adulto di buon senso, possa consigliare ai giovani di non essere “choosy” ma di rimboccarsi le maniche e di cominciare da qualche parte. Non è certo rimanendo chiusa in casa a mandare CV che avrei trovato il lavoro che svolgo ora.
Quello che non capisco sono i giornalisti che invece di raccontare storie come la mia si divertono a riempire pagine e pagine di polemiche inutili. Quello che capisco ancora meno sono i giovani che si offendono se vengono definiti bamboccioni allorché loro coetanei in Europa hanno già 5 anni di esperienza lavorativa mentre loro perdono tempo a criticare questa o quell’altra frase infelice, invece di darsi da fare e farsi conoscere per quello che valgono.