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Alessandro Fusacchia, Presidente di RENA, apre l’appuntamento Italia Camp di Bruxelles, terza tappa del concorso “La tua idea per il Paese”.
Ringrazio Pier Luigi Celli e Gianni Pittella per le parole di benvenuto che ci hanno rivolto. Ringrazio Roberto per il palindromo. E ringrazio tutta ItaliaCamp nella persona di Fabrizio Sammarco, che sta dimostrando grande capacità nell’animare e gestire un gruppo importante, fatto di giovani pieni di entusiasmo e affascinati dall’idea che si possa fare qualcos’altro oggi – in Italia e per l’Italia – che non sia solo stare a guardare.
Vorrei allo stesso tempo fare un ringraziamento molto importante per due persone in particolare: José d’Alessandro e Mauro Scalia. Hanno coordinato loro, per mesi, tutto il gruppo locale di Bruxelles che ci ha permesso di essere qui, oggi, in queste condizioni.
Per arrivare in questa sala avete dovuto accreditarvi e siete tutti passati attraverso la porta girevole del Parlamento europeo. Su quella porta c’è il nome di un grande italiano ed europeo che dà il nome a tutto l’edificio: Altiero Spinelli. Per quanto ce ne sarebbe bisogno, nei quattro minuti che mi restano non ho intenzione di parlare di Spinelli, ma di suo cognato.
Albert Hirschman è considerato uno dei più grandi politologi del Novecento. Nel 1970 pubblicò un libello di poche decine di pagine. Si intitolava Exit, Voice, and Loyalty. La tesi è semplice. Di fronte a qualcosa che non va, ad una situazione che non ci piace, abbiamo tre opzioni principali: andarcene (EXIT), adattarci (LOYALTY) o farci sentire, provare a cambiare le cose (VOICE).
L’Italia ci ha abituato a premiare coloro che si adattano, che sono LOYAL; e ha detto a tutti gli altri che andarsene (EXIT) è molto più facile che cercare di cambiare le cose (VOICE).
Io vorrei che la giornata di oggi contribuisse a dimostrare che le cose non stanno esattamente così. Che servisse a mandare a tutti un messaggio chiaro: non è indispensabile essere fisicamente in Italia per contribuire a risollevare le sorti del nostro paese.
Nessuno faccia per favore l’errore di credere che il solo fatto di vivere e lavorare all’estero significa che abbiamo scelto l’opzione EXIT.
Noi siamo e vogliamo essere VOICE.
Perché pretendiamo un’Italia diversa: più aperta, più trasparente, più responsabile, migliore.
Prima di entrare nel vivo del BarCamp e di passare la parola a José per il warm-up, vorrei che qualcosa fosse chiaro a tutti: oggi non ci sono idee che perdono. Avete già vinto tutti, per il semplice fatto di essere qui.
Usatelo il microfono, quando toccherà a voi. E prendetevi il meglio di quello che riusciranno a darvi gli altri che vi saranno stati ad ascoltare. Lo scopo non è convincere una giuria che siete bravi, ma capire chi, oggi, può aiutarvi a migliorare la vostra idea.
Aggiungo anche: non fatelo solo all’interno della cornice che vi è stata messa a disposizione. Non siate convenzionali.
Fermatevi a vicenda nei corridoi, prendetevi un caffè con qualcuno che vi incuriosisce, scambiatevi biglietti da visita, spiegate quello che avete in testa. Non fate l’errore di pensare che il barcamp sia una presentazione di cinque minuti. È molto di più. Ed è solo l’inizio di un lungo percorso.
Il successo di oggi, per noi, non lo farà tanto quello che abbiamo pianificato e programmato a tavolino. Ma tutto il resto di spontaneo e “indotto” che ne verrà fuori. Il successo non lo faranno le idee con cui sarete arrivati qui, ma quelle con cui ripartirete.
Quello che voglio dirvi è semplice: diventate intelligenza collettiva.
Chiudo con un auspicio.
Pittella ha proposto prima di tenere ogni anno un barcamp dentro al Parlamento europeo. A me piacerebbe che un esercizio simile si potesse fare anche dentro il Parlamento italiano, a Roma.
Con persone che da tutta Italia e da fuori Italia vengono a proporre idee, a dire quello che hanno fatto per realizzarle fino a quel momento, a chiedere il sostegno di altri. Che vengono a raccontare o proporre delle belle storie, perché ci sono e ce ne sono più di quante crediamo o di quante Bill Emmott sia riuscito a raccontare nel suo libro.
E mi piacerebbe se, per una volta, fosse il racconto di questa esperienza al parlamento italiano, piuttosto che gli spintoni o il lancio di mortadella, a finire sulle pagine dei giornali stranieri.
L’Italia ci ha abituato che sono le circostanze a cambiare le persone. Noi abbiamo il compito di dimostrare il contrario. Che possono anche essere le persone a cambiare le circostanze.
Per fare questo, dobbiamo però smetterla di adattarci – di essere LOYAL nel senso in cui lo intendeva Hirschman – e capire che è venuto il tempo per fare una cosa: prendere la parola. E prenderla tutti insieme, perché solo questo ci permetterà, davvero, di fare la differenza.
Grazie e buon lavoro!
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