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Mancano poco più di due settimane alla prossima Assemblea Generale RENA.
Quest’anno, per la prima volta, andremo a Sud. Ci ritroveremo a Napoli, dal 20 al 22 Novembre, per parlare di migrazioni e periferie, e per pianificare le attività del 2016 e il percorso di crescita dell’associazione.
L’Assemblea si aprirà con l’evento pubblico del venerdì pomeriggio (20 novembre), che ci vedrà ospiti del suggestivo complesso monumentale di San Domenico Maggiore.
Scegliendo di concentrare i nostri sforzi su questi due argomenti abbiamo fatto una scelta precisa: vogliamo dimostrare che le tante comunità del cambiamento che abbiamo imparato a conoscere sono in grado di confrontarsi con le sfide più pressanti del nostro tempo. E che il metodo che abbiamo messo in campo in questi anni può essere di aiuto anche in questi casi.
Il semplice fatto di aver gettato il cuore oltre l’ostacolo ha già dato i suoi frutti. In poche settimane siamo entrati in contatto con tante esperienze rilevanti e con altri soggetti che si stanno incamminando su un terreno simile.
Non è un caso se il prossimo 6 Novembre saremo a H-Farm per TechFugees Italy, un hackathon che punta a riunire le migliori risorse della community tecnologica italiana per sviluppare soluzioni utili e concrete a favore dei migranti.
Così come non lo è il fatto che domenica 8 Novembre saremo a Base Milano, per il workshop “Migranti in Europa, accogliere e innovare” organizzato da una densa rete di innovatori sociali.
A Napoli, il 20 Novembre, vorremmo portare idealmente – e non solo – tutte queste esperienze. Per dare loro voce. Per farle entrare in contatto con chi di questi temi si occupa a livello istituzionale.
Con una consapevolezza: l’incontro per noi sarà l’inizio di un percorso che ci vedrà in compagnia di straordinari compagni di viaggio. Uno di questi, Ezio Manzini, è stato per noi assai prezioso nell’immaginare un programma di ricerca e azione su questi temi da portare avanti nel 2016.
E’ un programma per noi ambizioso, che vi sottoponiamo per commenti e suggestioni, e che mira a mappare e analizzare le buone pratiche di accoglienza dei migranti, con un focus particolare su quelle esperienze che si mostrano in grado di generare un valore sociale riconosciuto.
Qui di seguito trovate una breve nota, redatta da Ezio, in cui si illustra la traiettoria che abbiamo in mente.
Su queste basi, siamo alla ricerca di comunità, partner, compagni di viaggio e sponsor. E di antenne territoriali in grado di segnalarci quei germogli di futuro che siamo sicuri siano sparsi in ogni parte d’Italia.
Aiutateci a entrare in contatto con loro, segnalando questa nota e invitandoli a venire a Napoli a fine Novembre. Aiutateci a coinvolgere sempre più energie in questo percorso.
Non ve ne pentirete.
Francesco Russo e Davide Agazzi
 
Migranti e innovazione sociale. Buone pratiche d’accoglienza. Note per un programma di ricerca-azione (Nota di Ezio Manzini)
 
BACKGROUND
Persone in movimento. Il tema dei migranti andrebbe trattato adottando una concettualizzazione e un linguaggio adeguati. Entrambi, concettualizzazione e linguaggio, devono ancora essere costruiti. Però, la prima mossa da fare è già sufficientemente chiara: si tratta di abbandonare le descrizioni quantitative fatte di flussi e ondate, fin qui prevalentemente adottate, e porre al centro dell’attenzione l’individualità e la varietà dei migranti.
In altre parole, guerre e disastri ambientali hanno portato (e porteranno) molte persone a mettersi in moto assieme.  Ma ognuna di esse ha una storia, ha delle specifiche capacità e aspirazioni ed ha una propria rete di relazioni che la connette al territorio di origine e a quello che spera potrà essere il suo punto di arrivo.
Percorsi di esperienza. Ogni migrante, che sia un rifugiato politico (oggi con diritto di asilo), o che sia un rifugiato ambientale (per ora privo di diritti), è una persona che, in via temporanea o definitiva, ha dovuto abbandonare il proprio luogo d’origine ed è in movimento alla ricerca di un possibile luogo d’arrivo: un territorio e una comunità che lo accolgano e in cui possa, temporaneamente o permanentemente, fermarsi
Per ciascun migrante (nel nostro caso in viaggio verso e attraverso l’Europa) dovrebbe essere considerato il suo lungo e drammatico “percorso di esperienza”. Un percorso che è fatto di una concatenazione di contesti e di punti di contatto (cioè di organizzazioni, luoghi, servizi e prodotti) che il migrante incontra e attraversa nelle diverse fasi del suo viaggio.
 
FOCUS
Accoglienza come attività sociale. Il percorso di un migrante comincia lontano e arriva lontano (sia nel tempo che nello spazio). Ogni tappa di questo percorso è drammatica e va considerata nella sua specificità, e nella specificità degli strumenti necessari ad affrontarla.
Qui si propone di concentrare l’attenzione su quella parte del tragitto che inizia quando il migrante entra in Europa, e prosegue fino al momento in cui è avvenuta la sua (temporanea o permanente) inclusione in un contesto sociale[1]. In pratica, questa fase comprende tutto ciò che concorre a sostenere il migrante, a creare le condizioni per la sua inclusione nel luogo di transito e, successivamente, in quello scelto come punto di arrivo. Ma è anche la fase in cui si possono e devono emergere idee di servizio e di sviluppo che, in ultima istanza, possano essere favorevoli per tutti, migranti e comunità residente.
Questa fase può essere definita come quella in cui l’accoglienza va intesa come attività sociale: un’attività in cui sono coinvolti diversi attori ed in cui devono essere coinvolti, prima di tutto, i migranti stessi. 
Innovazione sociale, culturale e istituzionale. Questa fase richiede dunque di mettere in atto forme di accoglienza e inclusione che, per il modo in cui oggi questi temi si pongono, non hanno precedenti. Essa è dunque il terreno su cui si sta sviluppando, e dovrà svilupparsi, una grande stagione di innovazione sociale (includendo in quest’espressione, anche l’innovazione culturale, economica e istituzionale).
La novità di questi temi non significa però che, nell’affrontarli, si debba ripartire da zero: in questi anni, l’innovazione sociale ha portato a concepire e mettere in pratica originali modi di pensare e inediti modelli economici e organizzativi. Molti di questi modi di pensare e di fare possono essere verificati, adattati e trasferiti ai temi attinenti l’accoglienza e l’inclusione dei migranti.
Organizzazioni collaborative, e quindi inclusive. I processi che fanno dell’accoglienza un’attività sociale sono il risultato dell’azione di una molteplicità di attori, tra cui, ovviamente, i migranti stessi.  Ne risulta che ogni soluzione innovativa, relativa all’abitare dei migranti, o alla loro possibilità di lavorare, muoversi, svolgere attività didattiche, culturali o sportive dovrebbe avere un carattere collaborativo.
Fino ad oggi l’innovazione sociale ha messo in evidenza come le organizzazioni collaborative permettano di ottenere risultati concreti e, al tempo stesso, possano partecipare alla ricostruzione del tessuto sociale, e quindi dei luoghi e comunità. Si tratta ora di mostrare come e quanto queste organizzazioni proprio perché sono collaborative, possano anche essere inclusive e possano portare a risultati positivi non solo per i migranti ma per per l’intera comunità.
 
OBIETTIVI
Quello che qui si propone è un programma di ricerca-azione il cui obiettivo generale è di creare le condizioni per una grande stagione di sperimentazione sociale (includendo nel termine anche quella culturale, economica e istituzionale) sul terreno dell’accoglienza intesa come attività sociale.
Il suo obiettivo specifico è di raccogliere, confrontare e discutere un numero consistente di buone pratiche. Cioè di esperienze in atto sul terreno dell’accoglienza, della collaborazione e dell’inclusione, che vengano giudicate positive per i risultati raggiunti, per l’innovazione sociale che creano e per gli insegnamenti che se ne possono trarre.
  
METODOLOGIA
Si tratta di raccogliere e valutare progetti che, nella loro realizzazione, abbiano avuto la capacità di risolvere problemi immediati e, al tempo stesso, di creare innovazione. Che abbiano cioè proposto e messo in atto innovativi modelli economici e organizzativi, e/o che abbiano indotto positivi cambiamenti nei modi di fare e di pensare (sia sul versante dei migranti che su quello delle comunità residenti).
Le buone pratiche raccolte sono discusse e comprese nelle loro potenzialità e nei loro limiti, diventando così le basi su cui costruire le fasi successive del programma.
Per effettuare questa raccolta senza disperdersi nella varietà delle esperienze in atto, occorre definire meglio i confini dell’area di ricerca ed alcuni criteri di valore.
Area di ricerca. Il programma che qui si propone si rivolge alla fase in cui l’accoglienza può essere considerata un’attività sociale. In esso si ricercano e mettono a fuoco delle “buone pratiche”: esempi di iniziative coerenti con i criteri di valore che stanno alla base di questo programma. Specificatamente:

  • Servizi di accoglienza, come per esempio: assistenza sanitaria; assistenza sociale; attività multiculturali; inserimento scolastico dei minori; mediazione linguistica e interculturale; orientamento e informazione legale; servizi per l’alloggio; servizi per l’inserimento lavorativo; servizi per la formazione[2].
  • Programmi di co-sviluppo, come per esempio: sviluppo territoriale, rilancio attività produttive, gestione del paesaggio, dinamizzazione culturale, attività sportive e ricreative in cui siano co-prodotti (da migranti e comunità residenti) dei valori socialmente riconosciuti.

Criteri di valore. Per decidere quali esempi siano da considerare come (potenziali) buone pratiche, occorre adottare alcuni criteri di valore. Qui ne indichiamo due.

  • Valore individuale. Si tratta di considerare quanto il caso in esame contribuisca a (ri)costruire le capacità di scelta e di progettazione delle singole persone e a far loro (ri)acquistare la percezione del proprio valore, delle proprie potenzialità e opportunità[3]. Questi obiettivi possono essere raggiunti tramite due attività complementari: attività di rafforzamento (empowering) in cui è promossa la crescita di capacità dei migranti, e attività di abilitazione (enabling,) in cui si creano le condizioni affinché i migranti stessi possano agire ed ottenere risultati seguendo le proprie attitudini e i propri interessi.
  • Valore sociale. Si tratta di verificare se e quanto il caso in esame renda operativa, alla scala dell’intervento cui si riferisce, l’idea generale che i migranti possano essere una risorsa per il territorio che li accoglie. Cioè, se e quanto, i migranti contribuiscano ad affrontare e risolvere problemi che anche la comunità residente ritiene rilevanti diventando così parte attiva in un’iniziativa di interesse generale[4].

 
GRIGLIA DI LETTURA
A partire dalle precedenti considerazioni può essere introdotta una griglia di lettura che permetta di catalogare e confrontare tra loro i casi di potenziale interesse.
Alcuni criteri sono più evidenti e quindi facilmente verificabili. Per esempio: dove i casi esaminati si collocano nel percorso del migrante? Che tipologia di servizi sono erogati?
Altri criteri sono di natura più complessa e quindi l’adottarli comporta un più elevato grado di soggettività nell’interpretazione. Per esempio: quali sono le strategie di empowering/enabling adottate? Chi è coinvolto nelle attività? Qual è stato il ruolo per i migranti nella definizione del progetto? Qual è il valore sociale della proposta?
Per ciascuna di queste domande possono essere indicate diverse possibili risposte che, nel loro insieme, danno luogo a una griglia di lettura. A sua volta, tale griglia, applicata ai diversi casi in esame, permette di definirne il profilo funzionale, il ruolo sociale, e la collocazione in più ampi processi di co-generazione del valore.
http://docs.google.com/forms/d/1ntdas6E_5vBcJ7jzsLfH5srgox4BRDgpA0luolKnIOI/viewform
 

 
[1] Questa fase ha al suo centro quelle attività che solitamente sono descritte come “seconda accoglienza”. Qui però consideriamo un insieme di attività più vasto, che ci permetta di includere nell’analisi anche iniziative innovative che siano a cavallo tra fasi che sono amministrativamente considerate come diverse.
[2] La lista di questi servizi è tratta dal testo prodotto per la costituzione in Italia del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR). Servizio Centrale SPRAR, “Manuale per l’attivazione e la gestione di servizi di accoglienza e integrazione per i richiedenti e i titolari di protezione internazionale”. Roma.
[3] Op.cit. p. 4. Vedi anche: http://www.osservatoriomigranti.org/?sprar
[4] L’importanza che ciò avvenga è evidente, non solo sul lato dell’esperienza del migrante, ma anche su quello delle comunità residenti. Per queste ultime si tratta infatti di evitare il rischio di vedere nei migranti una minaccia e, al contrario, di riconoscere nella loro presenza un’opportunità

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