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Bruxelles, aprile 2012. Sto facendo una presentazione sulla green economy ad un gruppo di amministratori locali italiani e a studenti di un master in visita a Bruxelles. Di fronte a una diapositiva, noto le loro espressioni sorprese e commenti divertiti. Il titolo della diapositiva è “Le miniere del futuro: le nostre città” e l’esempio descrive come da una tonnellata di roccia di una miniera d’oro produttiva si ricavino 5g d’oro, mentre da una tonnellata di telefoni cellulari si ricavino ben 150g d’oro. Perché sí, i rifiuti possono essere letteralmente una miniera d’oro. Ma nel senso letterale del termine, non in quello che si riferisce ai traffici illegali di rifiuti!
Nel 2008 il settore della gestione dei rifiuti e del riciclaggio nell’Unione europea ha realizzato un fatturato di 145 miliardi di euro per un totale di circa 2 milioni di posti di lavoro. La sola piena attuazione della politica UE sui rifiuti potrebbe creare altri 400.000 posti di lavoro, incrementando di 42 miliardi di euro il fatturato annuo del settore. E questo non è tutto. Perché anche per le imprese l’utilizzo di materie prime secondarie invece di materie prime vergini può costituire risparmi notevoli. È infatti ormai evidente che l’epoca delle risorse abbondanti e a basso costo è finita, le imprese italiane, cosí come quelle europee, devono far fronte all’aumento dei prezzi di materie prime e minerali essenziali, la cui scarsità e instabilità sul fronte dei prezzi hanno ripercussioni negative sull’economia. Le fonti di minerali, metalli ed energia, così come gli stock ittici, il legno, l’acqua, i suoli fertili, la biomassa e la biodiversità sono sempre più sotto pressione, così come la stabilità del sistema climatico. Nel corso del XX secolo l’impiego di combustibili fossili nel mondo è cresciuto di 12 volte e l’estrazione di risorse materiali di 34 volte. Oggi, nell’UE, ogni cittadino consuma ogni anno 16 tonnellate di materiali, 6 delle quali diventano rifiuti (e la metà finisce in discarica).
La sfida è enorme e globale. Il World Business Council for Sustainable Development ritiene che entro il 2050 occorrerà moltiplicare l’efficienza delle risorse a livello mondiale da 4 a 10 volte, con miglioramenti importanti che dovranno essere conseguiti già entro il 2020.
È evidente come, oltre a dover evitare la produzione di rifiuti, sia oggi necessario evitare di “sprecare i rifiuti”, trattandoli come una risorsa e rimetterndoli in circolo nell’economia invece di seppellirli sotto terra o incenerirli. Difficile? Impossibile? Costoso? Alla Commissione europea abbiamo appurato che già oggi ben sei Stati membri della UE (Belgio, Danimarca, Germania, Austria, Svezia e Paesi Bassi) conferiscono in discarica meno del 3% dei rifiuti urbani, cioè praticamente nulla, e molti di loro vantano percentuali di riciclo dei rifiuti fino al 70%. In Italia solo il 21% dei rifiuti solidi urbani viene riciclato e il 51% è ancora conferito in discarica. E questi sei Paesi non soltanto sono riusciti a sfruttare al meglio il valore dei rifiuti, ma hanno anche contestualmente creato industrie fiorenti e numerosi posti di lavoro, all’interno di un’economia efficiente e competitiva.
Come ci sono riusciti? Aumentando l’attrattiva economica della prevenzione, del riutilizzo e del riciclaggio mediante strumenti economici selezionati. Cioé una combinazione di imposte e divieti sulle discariche e sull’incenerimento, programmi di responsabilizzazione dei produttori e sistemi di “paga quanto butti”, che secondo uno studio appena pubblicato dalla Commissione europea risulta essere la soluzione più efficace per incanalare i flussi dei rifiuti verso percorsi più sostenibili. Alla Commissione europea stiamo lavorando per fare in modo che in pochi anni questi strumenti economici siano generalizzati a tutti gli Stati membri per riuscire a raggiungere gli obiettivi che l’Unione europea si è fissata per il 2020: zero conferimento in discarica, massimizzazione del riciclaggio e del riutilizzo, limitazione dell’incenerimento con recupero di energia ai rifiuti non riciclabili. L’Italia ha al suo interno aree di eccellenza e aree che purtroppo sono diventate un simbolo di inefficenza e malagestione. Dobbiamo fare uno sforzo – noi cittadini in quanto elettori, in quanto parte di associazioni o in quanto professionisti nel settore privato o in quello pubblico – perché tutto il Paese possa presto raggiungere i sei Stati virtuosi.
Anche per l’Italia, infatti, i rifiuti sono troppo preziosi per essere semplicemente buttati via: con una gestione oculata è possibile reiniettarne il valore nell’economia. Ma per far questo è necessario creare una vera economia del riciclaggio, con le imprese che progettino prodotti che integrino un approccio basato sul ciclo di vita, con una migliore cooperazione tra tutti gli operatori del mercato lungo l’intera catena di valore, perfezionando i processi di raccolta, assicurando un quadro normativo adeguato, introducendo incentivi efficaci per la prevenzione e il riciclaggio, nonché effettuando investimenti pubblici in impianti moderni per il trattamento dei rifiuti e il riciclaggio di alta qualità. In poche parole, innovando e pianificando la gestione dei rifiuti in maniera efficace e coerente, a livello nazionale, regionale e locale. La ricetta della “green economy” e dell’alchimia per trasformare i rifiuti in una risorsa è questa. A noi e al nostro Paese il compito di applicarla.
 
NB: le opinioni espresse sono unicamente quelle dell’autore e non possono in alcun caso essere considerate come rappresentative di una posizione ufficiale della Commissione europea.
 
Maggiori informazioni:
http://ec.europa.eu/environment/waste/index.htm