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terzo_statoRipubblichiamo volentieri l’articolo di Erica Sirgiovanni uscito su Intervistato.com. Ringraziamo l’autrice per la disponibilità.

Prima di consegnare l’Italia a un “governo civico” bisognerebbe capire cos’è la società civile e in cosa, questa, è migliore della politica. O forse, come propone qualcuno, andrebbero invertiti gli elementi del discorso.

Dunque, cos’è la politica e in cosa è migliore della società civile? Ma se in un momento tanto delicato come questo è importante porsi domande, ancora di più è necessario trovare risposte adeguate. Di risposte chiare per ora se ne sono sentite poche, però ci sono uomini e gruppi di persone che si impegnano per trovarle.

È successo in Lombardia per esempio, dove il centrosinistra ha deciso di aprirsi alla società civile chiedendo ad Umberto Ambrosoli, avvocato penalista senza tessera di partito in tasca, di candidarsi alla presidenza della Regione. È successo quando Mario Monti, premier uscente a capo di una coalizione composta dalla maggior parte dei partiti presenti in parlamento ha dato vita a Scelta Civica. Altro soggetto civico, anzi, “civicissimo” è Fare per Fermare il Declino, che tra le sue fila conta professori, economisti, imprenditori e giornalisti. E Rivoluzione Civile non presentava forse al suo interno una cospicua fetta di nomi provenienti dalla società civile?

Una tale invasione civica in questo paese non si vedeva da tempo, almeno da un ventennio, per l’esattezza dal momento in cui Silvio Berlusconi, antesignano di quel civismo al quale oggi tanto si oppone, diede vita a Forza Italia candidandosi a guidare il Paese con un soggetto politico estraneo alle logiche dei vecchi partiti. Dunque, trovare una risposta alle domande iniziali diventa ancora più difficile perché sembra proprio che politica e società civile siano una il proseguo dell’altra o, se si preferisce, una la benzina dell’altra. Ad alzare lo sguardo oltre gli accadimenti strettamente contingenti si potrebbe dire che la società italiana diventa civile solo quando la politica diventa platealmente incivile.

Così è successo dopo la crisi della prima repubblica con la nascita e l’affermazione di Forza Italia e così accade oggi con il Movimento 5 Stelle che diventa il primo partito del Paese. Viene spontaneo chiedersi però dove fosse la società civile, così come la intendiamo oggi, prima della forte crisi degli anni novanta e ancora mentre la seconda repubblica dopo i piccoli e faticosi passi iniziali si alzava in piedi per correre verso gli anni duemila.

Dove erano i paladini del rinnovamento e della trasparenza mentre l’Italia accumulava debito pubblico o mentre gli eletti, con il loro comportamento, delegittimavano le Istituzioni? A sentire come parlano oggi non sembra possibile pensare che i veri difensori del bene comune e della buona politica fossero impegnati nel perseguimento dei propri interessi personali proprio mentre i partiti compivano le peggiori nefandezze. Dov’era allora questa contiguità tra politica e società civile che oggi sembra diventata l’elemento imprescindibile di legittimazione per chiunque si candidi ad assumere ruoli di responsabilità per il governo del Paese?

È certamente vero che i partiti non si sono sforzati di tendere l’orecchio fuori dai Palazzi per farsi suggerire la strada da intraprendere ma pare altrettanto evidente che dal “Paese reale” non si siano alzati cori roboanti che chiedevano insistentemente udienza.

Intendiamoci, non si prova in queste righe a difendere la condizione tautologicamente indifendibile di quei partiti che hanno gravissime colpe nel proprio mancato rinnovamento, nella mancata formazione della nuova classe dirigente e nella chiarissima incapacità di saper leggere e comprendere i drammi di un Paese che necessitava di risposte strutturali; si prova solo a cercare risposte che non si limitino alla sterile attribuzione manichea delle responsabilità in un momento tanto difficile.

Forse la soluzione non sta solo nell’estraneità alla politica come ha dimostrato la sconfitta del centrosinistra in Lombardia. Umberto Ambrosoli era esterno alla politica dei partiti e ha improntato la campagna elettorale proprio sull’assoluta libertà dalle logiche di questi ma nonostante tutto non ha vinto, anzi è stato sconfitto da Roberto Maroni, l’ex ministro Roberto Maroni, il Segretario di partito Roberto Maroni, il candidato che ha puntato sulla sua esperienza politico-amministrativa l’azione di convincimento degli elettori. Colui che è riuscito nella sua impresa nonostante il centrodestra lombardo si trovasse in una situazione che aveva da tempo oltrepassato i confini della tragicommedia. Siamo sicuri dunque che la strada giusta per il futuro della politica sia esclusivamente quella dell’apertura incondizionata alla società civile?

Bisognerebbe prendere in considerazione la possibilità che la vera sconfitta della politica si stia consumando proprio in queste ore, proprio mentre prende piede l’atteso rito del toto ministri di un possibile governo Bersani. Saviano, Gabanelli, nomi rispettabilissimi di persone che nel fare il loro lavoro hanno dimostrato coraggio, capacità e passione, nomi che meritano enorme rispetto e che certamente svolgeranno il loro dovere nel migliore dei modi continuando a fare i loro mestieri, mestieri fondamentali che incidono quotidianamente sulla vita delle persone, proprio come dovrebbe fare la politica. Ma per governare e per fare politiche, perché sono le politiche i binari sui quali si fa correre un Paese, questo non basta.

Non basta l’innocenza aprioristica della società civile, non bastano le competenze e le intelligenze dei suoi esponenti migliori, serve una visione del futuro e un metodo chiaro e condiviso per poterla perseguire. La conditio sine qua non per avere una visione chiara è un’identità chiara, e il luogo nel quale è possibile lavorare a questo progetto rimangono i partiti, partiti nuovi che dovranno trovare nel rapporto di contiguità con la società civile il polso del Paese ma che non dovranno unicamente delegare a questa l’espressione dei nomi di chi andrà a occupare ruoli di estrema responsabilità.

E se la politica da sola non sarà capace di capire che svuotandosi e delegittimandosi ancora più di quanto sia già accaduto danneggia il Paese, la società avrà la possibilità di dimostrarsi veramente civile nel cercare di farglielo capire, magari chiedendo a questa di assumersi le sue responsabilità fino in fondo. Il prezzo da pagare, lo sappiamo tutti, è molto alto ma solo ripartendo da zero, forse, potremo sperare di invertire la rotta.